I lavori di Nino Migliori sono il frutto di una costante e continua riflessione sulla fotografia i cui risultati sono spesso innovativi sia a livello di tecniche che di linguaggi che di tematiche.
Il loro significato è così denso che a tutto diritto possono definirsi polisemantici per cui potrebbe sembrare limitante la griglia di interpretazione che viene fornita, ma tale lettura si propone come possibilità di analisi, alcune opere possono, infatti, rientrare in altre serie.
Realismi
Iscritto al Circolo Fotografico Bolognese partecipa al dibattito tra fotografia di contemplazione legata ai toni alti alla Cavalli come nella serie "Fiera di Milano" di cui l’Architetto fa parte, scelta come più bella foto italiana del 1954, a quella più intimistica dei toni bassi alla Monti come in Sera d’estate o Notturno dall’Asinelli. Migliori pratica entrambe le maniere come esercizi di stile fornendo al contempo interpretazioni originali e personali. Le cosiddette serie "neorealiste", Gente dell’Emilia, Gente del Nord, Gente del Sud e Gente del Delta, sono espressione del forte desiderio di conoscere nel profondo non solo la "gente" della sua terra, ma quella di tutta la penisola. Tutto ciò viene proposto con uno sguardo molto personale a cominciare dalla struttura, costituita di una pluralità di piani che dilatano lo spazio bidimensionale della trascrizione fotografica, dalla presenza di "cornici" che riquadrano la scena e i personaggi a sottolineare metaforicamente il prelievo fotografico, da sottigliezze metalinguistiche "come nei casi in cui l’accento è posto sull’atto stesso del guardare". Le fotografie di paesaggio e il reportage urbano presentano uno sguardo polimorfo. Il reportage urbano negli anni Cinquanta sviluppa il tema dei segni e delle macchie sui muri, oppure mostra aspetti rimossi delle nostre città, lo sguardo è rivolto ai margini, ai tracciati informi come in Periferia del 1958. Negli stessi anni realizza opere ascrivibili alle coeve ricerche sui toni alti (high key) e toni bassi (low key), partecipando ai numerosi concorsi dell’epoca.
Sperimentazione
La sperimentazione non appartiene a un periodo, fa parte di un modo di pensare, è una linea di ricerca mai abbandonata; una riflessione teorica e pratica basata sull’utilizzo degli strumenti fondanti il linguaggio fotografico – acidi di sviluppo e di fissaggio, carta sensibilizzata e pellicola sensibile, luce, calore, tempo, ingranditore. Sotto l’etichetta sperimentazione sono riunite diverse tecniche, la maggior parte ideate dallo stesso autore, altre, come il fotogramma, il cliché-verre, lo stenopeogramma, sono personali rivisitazioni dalla storia della fotografi e della grafica. La pratica della fotografia off-camera nega l’utilizzo dell’apparecchio che correntemente viene considerato indispensabile: la macchina fotografica, e compie una analisi delle valenze del codice fotografico. Nel processo sperimentale predomina il gesto, il segno, la materia, il prelievo eterodosso della realtà. Sembrerebbe, quello sperimentale, un approccio determinato inizialmente dal caso, dove la casualità, che è, d’altra parte, un materiale dell’arte contemporanea, coincide con il provocatorio riconoscimento del valore estetico dell’oggetto trovato. Migliori reinterpreta l’efficacia linguistica del cosiddetto "errore", traducendo la casualità in progetto di ricerca. Una ricerca inesausta, che sempre si rinnova. Le ossidazioni, in particolare, riemergono nel percorso del fotografo bolognese, seppure reinterpretate, a scandire momenti di intensa riflessione.
Muri e Manifesti strappati
La ricerca sui Muri, iniziata a fine anni Quaranta si protrae per circa trent’anni. L’indagine si sviluppa lungo tre principali linee di ricerca: il muro inteso come degrado della materia dovuto al passare del tempo; il muro come testimonianza del gesto dell’uomo; il muro come spazio dell’immaginario e infine come luogo dell’inconscio, supporto e visualizzazione di idee e sentimenti che gli uomini lasciano sulle pareti della città come si trattasse di un diario pubblico.
Facevo i muri perché mi interessava l’uomo, è l’unica documentazione del passato dell’uomo dalle grotte di Altamira fino ai graffiti o alle scritte sui muri di Pompei. L’uomo davanti ai muri si disinibisce, sia che adoperi una moneta, una chiave per graffiare o un pezzo di gesso o una bomboletta spray, libera il suo inconscio, la sua gestualità ed è se stesso.
Ritratti
Si potrebbe riconoscere parte delle ricerche che costituiscono il lavoro di Migliori, analizzando le serie dei ritratti come quelli agli artisti della scena contemporanea da quelli in bianco/nero a quelli ambientati agli Omaggi/Oltraggi. Negli anni Settanta diventano analisi della rappresentazione di sé, studio del gioco di ruoli sul palcoscenico della scena pubblica, oppure analisi dei gesti di un personaggio televisivo, come nella serie Sequenze TV. La negazione della presunta verità della rappresentazione si accompagna alla decostruzione del linguaggio visivo nei ritratti cancellati, "biffati", duplicati o frammentati, realizzati avvalendosi delle coeve ricerche sperimentali, dagli interventi su Polaroid degli anni Ottanta e Novanta, come in Quelli della notte (1985), ai recenti ritratti a lume di fiammifero degli ultimi anni. Un capitolo a parte meritano gli autoritratti, dagli autoritratti del 1949, doppie ossidazioni su lastra, a Impronte ossidazione su pellicola del 1955 che sperimentano la valenza dell’impronta nel percorso di individuazione identitaria, che inizia nelle grotte di Lascaux. I ritratti e gli autoritratti sono però sempre una verifica delle potenzialità del mezzo, dalla sequenza concettuale de Il tempo dilatato (1974-76), all’autoritratto con camera widelux (1978).
Polaroid
Gli interventi su Polaroid ribaltano il concetto di istantaneità del processo riproduttivo. L’iniziale esperienza si esprime negli Strappi (1976) e si concreta nella performance Controtempo blu (1977). Negli anni Ottanta approfondisce il meccanismo e le possibilità di intervento, a iniziare da Videografie (1980). Le Polapressure, ottenute facendo segni, pressioni, cancellazioni, con spatole ed oggetti appuntiti, è un’ operazione attuata durante la fase di sviluppo sull’immagine polaroid che sta affiorando. Il tempo della manipolazione influenza sia il cromatismo, sia la composizione. A questa fase appartengono: Italian Sketchbook (dal 1984), viaggio nei luoghi noti e familiari, Edenflowers (dal 1984), la serie Paesaggi immaginati come I luoghi di Morandi (1985), rilettura dei paesaggi dipinti dal maestro bolognese, New York (1986), Dream toys (2003) giocattoli catturati nei negozi di New York, Paesaggi infedeli (2008) interpretazioni dei parchi regionali e delle riserve naturali del bolognese, Intorno a una jungla progettata (2009), interpretazione del giardino progettato da Ludwig Winter nel Borgo Storico Seghetti Panichi. I Polaori, ideati verso la fine degli anni Ottanta, si ottengono spellicolando una polapressure in due parti, una è il fondo che trattiene la materia che forma l’immagine, definita da Migliori sinopia, l’altra è un trasparente sul quale è applicato un fondo oro. Visivamente molto simile ad una miniatura, che vibra in base all’incidenza della luce creando un gioco di riflessi, concettualmente è il compimento dell’opus alchemico. Nel 1991 su invito della Polaroid che mette a disposizione un apparecchio di grandi dimensioni che permette di realizzare fotografie formato 50x60 realizza vari progetti tra cui Inside-Outside, inserendo solidi di plexiglass all’interno della macchina e davanti all’obiettivo, Voyage inside a leaf, partendo da una composizione di foglie e procedendo per ingrandimenti successivi, si giunge alla smaterializzazione e allo slittamento di significato dell’immagine. Negli anni Novanta avvalendosi di un apparecchio per ottenere e stampare fermo-immagini, utilizzato prevalentemente in diagnostica medica, realizza la serie Freeze-frames, dove interviene "creativamente" nel dibattito critico sulla veridicità e la manipolazione della fotografia. Negli anni Novanta si avvicina al mezzo digitale scansionando le sinopie polaroid. Le Trasfigurazioni (dal 1998) sono interpretazioni digitali della pellicola di fondo che supporta il materiale chimico, chiamata da Migliori sinopia con un preciso riferimento alla pittura. La superficie quasi incolore porta in latenza tutta la gamma delle possibilità coloristiche che danno luogo a figurazioni immaginifiche, trasfigurazioni come recita il titolo della serie.
Installazioni
Le installazioni nascono alla fine degli anni Settanta e sono originate da una profonda riflessione sul linguaggio e sulla fruibilità della fotografia. Nel nuovo millennio alcuni progetti fotografici sono strettamente connessi alla modalità della loro presentazione in luoghi specifici. Scattate e abbandonate (1978-2012) è un’imponente installazione costituita da centinaia di fotografie mai ritirate dai laboratori fotografici, dimenticate o rifiutate, che Migliori inizia a raccogliere nel 1978. L’installazione basata su questo corpus accentua il lato rimosso della memoria visiva. Nell’installazione Come nei cieli (2000-2003), una serie di stampe di nidi di uccelli trattate con vernice fosforescente e illuminate con la luce di Wood, crea una stanza in cui si è immersi in un illusorio intrico di rami e nidi di uccelli. Checked. One Year under Control (2002) affronta il regime di visibilità del potere che scruta i molteplici luoghi della nostra esistenza mediante lo sguardo anonimo e invisibile delle nuove tecnologie di sorveglianza. Dal 1 gennaio al 31 dicembre 2002 ogni volta che era nelle condizioni di controllo elettronico legato all'uso del cellulare, della carta di credito, delle fidelity card dei supermercati, del bancomat, di accessi internet, scattava una fotografia a caso, dal punto dove si trovava. Marmografie-Glasswriting (2004) è una rivisitazione di uno storico Idrogramma del 1952: una lastra di marmo di carrara viene intagliata seguendo le forme dell’idrogramma e riempita con vetro blu di Murano a simulare lo scorrere dell’acqua che ha scavato il materiale. Natura/Snatura (2005) in questa installazione Migliori re-interpreta il suo lavoro Natura morta del 1977. L’autore inserisce le fotografie all’interno di grossi ceri e prevede un suggestivo percorso al buio scandito da grossi ceri che, accesi, sono destinati a consumarsi nella combustione: la natura diventata vero e proprio simulacro è destinata alla distruzione. Frutta e verdura (2006). Il tema della natura, la sua devastazione e metamorfosi in qualcosa artificiale è al centro dell’interesse di Migliori. Anche questa installazione si ricollega alla serie Natura morta. In questo lavoro la “frutta e verdura”, come indica l’insegna al neon, non è altro che immagine, infatti le cassette di legno contengono fotografie, mere rappresentazioni del contenuto. E la luce, elemento determinante dell’opera, illumina lo spettacolo della merce fotografata dentro cassette di legno. La serie Moebius (2007) parte dalla suggestione della perfetta figura del nastro di Moebius che simboleggia l’infinito. La narrazione che di norma si sviluppa in una sequenza temporale è qui soggetta a un movimento di "eterno ritorno", come il racconto mitico. Orantes (2011-2012) è una maestosa installazione di piccole sculture ottenute lavorando, con una tecnica simile a quella della cera persa per la fusione in bronzo, bottiglie di plastica vuote piegate ad assumere l’aspetto di un uomo chinato in preghiera. Tempo rallentato – In vitro (2013) si ricollega a Tempo rallentato (2009). È un gioco del vero/falso. I vasi fotografati nel 2009 che contenevano frutta e verdura, nature morte cristallizzate nel tempo, sono ricreati attraverso l’uso della fotografia che li rende trompe-l’oeil tridimensionali. Gocce e bollicine (2014) quest’opera-scultura è un’installazione realizzata in occasione della manifestazione Bottiglie d’artista. L’autore che spesso procede riutilizzando materiale preesistere si avvale in questo caso di un Idrogramma realizzato negli anni Cinquanta con il quale riveste la imponente bottiglia dalla quale fuoriescono dei palloncini come fossero tante bollicine.
Esplorazioni - Materia
La centralità del rapporto con la natura caratterizza il suo lungo percorso creativo e di ricerca. Alla trasformazione della materia sottoposta al trascorrere del tempo è legato Herbarium (1974). Diversi tipi di foglie e fiori, raccolti per strada, inseriti tra due vetri in plance, sono stampati in positivo e in negativo, utilizzando i vegetali come negativi. Con il passare del tempo, la materia si decompone e l’immagine ottenuta si modifica, sia come struttura sia come colore. Alcuni particolari sono ingranditi progressivamente fino a raggiungere dimensioni notevoli. Centrati sul tema della natura sono Natura Morta (1977), dove l’autore elabora immagini delle prime confezioni di verdure e frutta avvolte in plastica introdotte nei supermercati, e le collegate installazioni Natura/Snatura (2005) e Frutta & Verdura (2006). Al 1986 risale la serie Naturalmente, trascrizione di fotografie di elementi vegetali in meccanografica e successive sovrapposizioni. Alfabeto immaginato (1995) è un gioco di rincorsa di un lembo di plastica sollevato e spinto dal vento. I lavori sono costituiti dal montaggio dei singoli fotogrammi stampati in cromatismi diversi quasi ad arrivare ad un compiacimento estetizzante alla ricerca di un alfabeto arcaico. Binario morto (1996) è il percorso fisico lungo un binario abbandonato di uno scalo sul quale si sono depositati nel tempo residui catramosi che hanno agglomerato pezzi di carta, oggetti, vegetali fino a determinarne una misteriosa e intrigante, inquietante natura morta sulla quale l’autore opera una trasmutazione alchemica: il binario morto è un’opera al nero, la prima e fondamentale fase del processo alchemico.
Esplorazioni - Corporeità
Anche il corpo per Migliori è linguaggio. La materialità del corpo è riletta con ironia in Sesso Kitsch (1974). L’autore mette in evidenza i codici e gli immaginari emergenti nella moda di quegli anni: il particolare vestimentario, determinante nel processo di culturalizzazione della nostra fisicità, occupa l’intera inquadratura. L’autore porta alla nostra attenzione la centralità del discorso moda e le pratiche di consumo del corpo, questioni che s’impongono all’attenzione critica proprio negli anni Settanta. L’esperienza vissuta del corpo come soggetto e oggetto nel medesimo tempo è tematizzata in Make love not war (1973). Qui l’autore con ironia creativa e acume ciritco porta in evidenza la costruzione sociale del maschile e del femminile.
Esplorazioni - Segno/Scrittura
Altro campo di indagine sono le diverse declinazioni del segno e delle scritture visuali. Accumulo e sottrazione della memoria (1976) è una critica al consumo e alla conseguente assuefazione alle immagini di violenza tradotto visivamente nella riduzione al nero e al bianco, metafora del silenzio e della illeggibilità degli eventi narrati privati di pathos e significato. In Autodeterminazione della materia (1979) la poetica del rifiuto restituisce dignità di immagine evocativa agli oggetti più banali. All’analisi dei codici di trascrizione dell’immagine sono riconducibili la serie In immagin abile, della quale fanno parte Lessico distratto, La squadra della Salus, Analisi di un volo. Si tratta di fotografie sezionate di cui sono ingranditi alcuni particolari che decontestualizzati danno origine a significati altri che, come il titolo ironicamente sottolinea, sfata e smitizza l’abilità del fotografo. Indagine sui codici di trascrizione dell’immagine è Grafica Grafica (1975), rilettura di incisioni di Piranesi nelle sue strutture minime. In Segnificazione (1978) parte dall’Ecce Homo del Guercino per compiere una riflessione sul rapporto tra l’incisione e la fotografia, come momenti di uno stesso processo riproduttivo, dimostrando la componente di ambiguità della fotografia che non è rappresentazione oggettiva del reale, ma una sua interpretazione. Dalla seconda metà degli anni Settanta, l’autore è impegnato a decostruire dispositivi ottici attraverso l’uso trasgressivo del mezzo e dei procedimenti: dall’uso della macchina panoramica widelux in Toboga agli interventi su polaroid, all’utilizzo del fermo-immagine in moviola per realizzare interpretazioni linguistiche in tempo reale come in La fotografia è morta viva la videografia (1980-81). Tutto è giocato sulla percezione e la nostra capacità di lettura e comprensione delle immagini. Nel decennio seguente Migliori, come pochi altri, intraprende un percorso di “destrutturazione fattiva” delle scritture fotografiche. Ne è un esempio la serie Polifanie (1983) che richiede uno spettatore attivo. L’analisi critica sulla percezione della realtà e sui fenomeni dell’illusione ottica si collega alle ricerche condotte all’interno del gruppo Abrecal, che fonda nel 1982.
Esplorazioni - Tempo/Memoria
La dimensione del tempo e la trasformazione della materia sono aspetti nodali nel percorso ideativo del fotografo che privilegia il progetto all’immagine. La labilità della memoria che il degrado, provocato dall’incuria e dal tempo metaforizza, mette a nudo il lavoro dell’azione del tempo, già sperimentato nelle ossidazioni. Il tempo disgrega, corrode anche il concetto di fotografia come ricordo. Antimemoria (1968) rappresenta l’inizio della fase concettuale nel percorso dell’autore che recupera lastre deteriorate provenienti dallo studio fotografico Villani. Sceglie materiali realizzati da altri operatori, negando il mito dell’individualità creatrice. E trasferisce l’attenzione dal produttore al consumatore di segni, attuando un radicale spostamento del punto di osservazione dall’icona al medium. Riutilizza immagini prefabbricate, riconducibili a diverse tipologie di soggetti: ritratto, reportage, pubblicità, natura morta, paesaggio, che rimandano alla suddivisione in “generi”. Anche questa catalogazione del visibile è prossima a disgregarsi. Il tempo non soltanto disintegra la materialità della fotografia, ma corrode l’idea stessa di rappresentazione e anche il concetto di fotografia come ricordo. Così in Ieri-Oggi (1993) lastre programmaticamente rotte e ri-fotografate in più riprese, vuole visualizzare il progressivo dissolversi della memoria. In Il Tempo rallentato (2009), che rappresenta nature morte, silenti, sospese con diretti riferimenti alla simbologia della Vanitas, l’autore rimanda esplicitamente, già nel titolo stesso, all’inesorabile trascorrere del tempo e all’inevitabile degrado della materia. Il recente progetto Cuprum (2015) mostra impronte di fondi di bicchieri, di bottiglie, di boccali di birra su tavolini di rame di un pub inglese. Non sono solo tracce del tempo, ma anche frequentazioni di umanità, mondi di passaggi, di sedimentazioni.
Luoghi non luoghi
Migliori ha indagato i luoghi antropologici, relazionali e storici. Tataouine (2013) è un progetto di valorizzazione immaginativa di un territorio. L’autore interpretata il senso profondo delle relazioni e degli scambi, che il tempo ha conservato e in parte modificato; le trasformazioni del paesaggio e il conflittuale processo di modernizzazione. Ma Migliori ha indagato anche i non luoghi, termine introdotto dall’antropologo francese Marc Augè, per definire gli spazi costruiti per il trasporto e il transito. Cinema Modernissimo (2017) era un tempo luogo di celebrazione di riti collettivi, di emozioni e desideri vissuti dagli spettatori in una dimensione corale. Dell’antico cinematografo, prima degli interventi di restauro che restituiranno alla città quel magico spazio onirico, Nino ci offre una interpretazione visionaria inattesa.
Dispositivi
Nel nuovo millennio la sua ricerca si incentra sui dispositivi della visione e gli spazi determinati da questi meccanismi. Si confronta con le strutture profonde generate dagli apparati tecnologici e le problematiche che pongono le estensioni strumentali delle capacità percettive di un’estesa cultura del "non-visibile". Dispositivi sono il caleidoscopio per ritratti, una "macchina ottica" che provoca la dilatazione dello spazio e la moltiplicazione della figura, e il bastone progettato per un’inconsapevole lettura dal basso di New York (2005). Dispositivo è anche il congegno ideato per il progetto fotografico Crossroads. Via Emilia (2006), ottenuto collegando due macchine fotografiche, poste su un unico sostegno montate in verticale e puntate in direzioni opposte. Con il volto seminascosto da questo “casco con specchietto retrovisore”, l’autore realizza 43 doppi scatti, anteriore e posteriore, ripresi al centro di altrettanti incroci.
Imago mentis
Le immagini della serie che nascono dall'utilizzo riflessivo dello strumento elettronico si inseriscono coerentemente nel percorso multiforme dell'autore e trovano le radici in opere precedenti. Migliori fornisce una traduzione infedele del reale, attraverso una palese interpretazione. Il riferimento è alla serie Trasfigurazioni: un approccio al digitale come 'passaggio naturale' del cammino tecnologico che sta alla base dell'invenzione della fotografia, ma al contempo rappresenta anche un'ulteriore sfida e analisi linguistica del mezzo. Appartengono alla serie i lavori No war (2003), Smodatamente (2012), Ditta Polli (2012), Eden Valley (2013/14), La dimora dei grifoni (2014), per fare alcuni esempi.
Lumen
L’autore approfondisce il nesso tra dispositivi scopici e regimi di luce. Ogni dispositivo possiede il proprio regime di luce e la visibilità è composta da linee di luce che formano figure variabili inseparabili da questo o quel dispositivo. I progetti della serie Lumen consistono nell’utilizzo come unica fonte luminosa della luce di una o più candele che restituiscono seducenti immagini. I lavori così realizzati sono l’esito di uno sguardo contemporaneo, ma allo stesso tempo antico. La materia della scultura fotografata a lume di candela apre l’opera a nuove letture, e al contempo restituisce le condizioni di visibilità di un’epoca abitata da netti contrasti di luce e ombra. La serie Lumen inizia con interpretazione dello Zooforo del Battistero di Parma (Terra incognita) (2006), e continua con Il Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca (2012), i Leoni stilofori del transetto della Cattedrale (2014) e le Metope del Duomo di Modena (2015), il Monumento funebre a Ilaria del Carretto di Jacopo della Quercia a Lucca (2015), il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino a Napoli (2016) La cappella dei pianeti e dello zodiaco nel Tempio malatestiano di Rimini (2017). È una ricerca in fieri che si arricchisce sempre di nuovi e suggestivi capitoli.